Intervista al Poeta di Haiku in Dialetto: VINCENZO CHERUBINI

Najada J.B

Sei nato a Orte che è un borgo medievale situato nella provincia di Viterbo. Quanto la tua città e il tuo percorso di vita hanno influenzato il modo in cui scrivi Haiku e poesie?
VINCENZO: Sicuramente molto, non tanto nello scrivere poesie e Haiku, quanto nello scrivere in dialetto, le espressioni e i modi di dire popolari hanno una forte valenza, come l’appartenenza ad una comunità.

Come nasce l'idea di unire una forma poetica così rigida e di origine orientale come l'Haiku con la fluidità e la specificità di un dialetto Ortano?
VINCENZO: All’inizio è stata una sperimentazione suggeritemi da un importante dialettologo, il prof. Luigi Cimarra, il quale mi ha incoraggiato a sperimentare gli haiku in dialetto e effettivamente la sua domanda è molto interessante in quanto non è semplice, in particolare con il far entrare una forma dialettale in un struttura sillabica breve.

Hai usato il dialetto come lingua poetica: Quali caratteristiche del dialetto, secondo te, lo rendono particolarmente adatto, o più difficile, per l'Haiku?
VINCENZO: Rispetto a questo non credo che ci siano caratteristiche dialettali che rendono una composizione Haiku più difficile o più facile. Secondo me si tratta di far entrare come diceva lei in una struttura che può non corrispondere ad un Haiku classico.

L'Haiku tradizionale giapponese è strettamente legato al kigo (riferimento stagionale) e al kireji che serve a interrompere il ritmo e a creare un contrasto tra le due parti della poesia. Come ti relazioni con questi elementi?
VINCENZO: A volte è difficile soprattutto in dialetto relazionarsi con il Kigo in quanto il segnalare una stagione occupa per così dire, ulteriore spazio, decurtandolo alla composizione che è già breve di suo, altre volte per esempio basta una piccola segnalazione. Per esempio nel contesto anche culturale occidentale e locale, se si fa riferimento alla Pasqua, è già implicito che stiamo parlando della primavera. Per quanto riguarda il Kireji, che serve come giustamente dice lei a creare un contrasto, un rovesciamento semantico o concettuale, viene spontaneo come in italiano.

Ricordi il momento in cui hai scritto il tuo primo Haiku in dialetto? Qual è stata l'immagine o l'emozione che ti ha spinto a fare questo esperimento?
VINCENZO: Agli inizi non si può dire che si scrive un Haiku, non si ha almeno la certezza di averlo scritto bene, quindi si può dire dai primi Haiku, l’ emozione che me lo ha fatto sperimentare in dialetto sicuramente aveva poco a che fare con gli Haiku classici, in quanto soprattutto in dialetto sono stato colpito da aspetti rilevanti paesaggistici, come dire, un arco del mio paese, un toponimo, un avvenimento.

Nel dialetto il conteggio delle sillabe può essere molto diverso dall'italiano standard ad esempio per l'uso delle vocali mute. Quanto è fedele allo schema metrico  5-7-5?
VINCENZO: Ha ragione, a volte il conteggio delle sillabe è diverso in dialetto rispetto all’italiano, non solo rispetto alle vocali mute, ma anche rispetto per esempio alle doppie soprattutto quelle iniziali come nella parola Mmamma (nella parlata si dice con due emme iniziali), oppure rispetto al dileguamento intervocalico della lettera “V” (esempio: giocavo → giocao). In questi casi il conteggio rimane fedele, in quanto vengono ignorate le lettere date dalla pronuncia, la doppia iniziale viene considerata una sola, la “V” intervocalica viene calcolata.


Siccome pubblichi l'Haiku in dialetto seguito dalla traduzione in italiano, ritieni che qualcosa si perda o si trasformi irrimediabilmente in questa traduzione?
VINCENZO: Certo a volte si, ma ha più spesso a che fare con lo scorrere dell’haiku, esempio se in dialetto ortano dico “Le fenèstre sò accappannate” (Le finestre accostate a mo’ di libretto) si comprende benissimo il significato a Orte, ovviamente nella traduzione si mette l’espressione  comprensibile in italiano, la lettura in questi casi è fuori schema haiku in quanto la composizione sillabica e dei versi è in dialetto.

Molti dialetti sono considerati lingue in via di estinzione. Scrivere Haiku in dialetto è anche un modo per preservarlo o per conferirgli una nuova dignità letteraria? Qual è la tua speranza per il futuro del dialetto ortano?
VINCENZO: Molti dialetti sono come dice lei in via d’estinzione, mi auguro o spero che per il futuro non solo io ma anche altri si possano interessare del dialetto ortano, al fine di preservarlo, o meglio di non farlo estinguere completamente per quanto riguarda i termini arcaici o antichi.
 

C'è un nuovo lavoro in arrivo di cui ti piacerebbe parlare in anteprima ai lettori?
VINCENZO: È uscito da poco un ultimo libro ispirato agli Haiku in dialetto ortano con composizioni sulle confraternite di Orte, e religiose. Sono 60 Haiku divisi in sezioni i quali trattano della processione del Venerdì Santo, della Quaresima, della Pasqua e della divisa delle confraternite con il significato che ne viene attribuito. Un’altra sezione è dedicata alla venerazione verso la Vergine Maria facendo riferimento alla devozione degli ortani verso la Madonna. Poi le feste religiose importanti collocate a Orte, ovvero feste religiose anche nazionali ma che hanno nel mio paese una specifica tradizione, con degli usi e costumi specifici. Poi ancora le chiese più importanti e significative dove ancora sono presenti i culti e le usanze. Per finire una sezione che ricorda come erano le usanze religiose prima del Concilio Vaticano II, per esempio i bambini e le bambine  erano divisi in chiesa, ovvero i maschi si mettevano nei banchi a destra e le femmine a sinistra, accenno anche ad un fenomeno che è stato presente in varie parti d‘ Italia come a Orte, ovvero la messa beat. Era la messa con presenza dei gruppi che suonavano la batteria, la chitarra elettrica ecc… Questa modalità andò avanti per circa un anno, poi non fu più fatta.  

Grazie infinte per la tua disponibilità.


 

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